Nella mattinata di mercoledì 18 novembre il medico di Lampedusa Pietro Bartolo ha incontrato gli studenti dell’Istituto Internazionale Edoardo Agnelli di Torino.
L’appuntamento, organizzato dal Dipartimento di Lettere dell’Istituto Agnelli, si è svolto in contemporanea su Google Meet e in diretta streaming su YouTube, offrendo agli studenti del Liceo Scientifico e dell’Istituto Tecnico Tecnologico e a tutti quelli che hanno partecipato alla diretta la possibilità di ascoltare una preziosa testimonianza di impegno civile, umanità e coraggio.
Fin dal 1991, data dei primi sbarchi sulle coste dell’isola di Lampedusa, Pietro Bartolo è stato in prima linea nell’accoglienza dei migranti, fornendo non solo l’indispensabile assistenza sanitaria, ma offrendo attenzione e ascolto. Le storie degli uomini, delle donne e dei bambini che ha conosciuto sono raccolte nei libri “Lacrime di sale” (Mondadori 2016) e “Le stelle di Lampedusa” (Mondadori 2018), sui quali gli studenti dell’Istituto Internazionale Edoardo Agnelli di Torino hanno lavorato per prepararsi a questo incontro, parte di un più ampio progetto di cittadinanza attiva promosso dalla scuola.
L’intervento del dottor Bartolo è potente ed emozionante: parola dopo parola, la sua testimonianza si trasforma in un appello appassionato all’umanità e al rispetto. Mentre racconta la sua esperienza ai ragazzi, il suo sguardo si fa lucido di commozione.
«I migranti sono spesso inquadrati in categorie – spiega – Per me, prima di tutto sono persone. Tanti sono ragazzi come voi, minori non accompagnati. Quando penso ai bambini mi commuovo: sono innocenti, cosa hanno fatto di male per meritarsi la morte in mare?».
Dopo essersi soffermato su alcuni toccanti episodi, il dottor Bartolo precisa: «Io ho fatto solo il mio dovere, non ho fatto nulla di straordinario, ho teso la mano come uomo e come medico». Ci sono stati anche momenti difficili, molti. «Ho pianto tanto, ho vomitato, ho avuto paura. Quante volte ho pensato di lasciare tutto e di abbandonare, in un momento di debolezza. Una volta mia moglie Rita mi ha visto piangere a casa e mi ha detto che non era da me, così mi sono fatto forza e sono andato avanti».
Il dottor Bartolo si sofferma poi sulle motivazioni più profonde che lo sostengono nella sua missione, come medico e come politico. «Per me è importante che la gente sappia cosa succede a Lampedusa, cosa succede a questi migranti. È per questo che ho scritto i miei due libri, è per questo che ogni weekend giro per tutta Italia per raccontare la mia testimonianza e per cambiare la narrazione sui migranti. Bisogna immedesimarsi in queste persone: il problema dell’immigrazione non va visto solo con la testa, ma anche con il cuore. Dobbiamo smettere di vedere chi arriva sulle nostre spiagge come un nemico: le persone che sbarcano sono una ricchezza e una risorsa, sotto tutti i punti di vista».
«Che cosa possiamo fare noi, nel nostro piccolo?», gli chiedono i ragazzi. Immediata la risposta del dottor Bartolo: «Informarvi, sapere come stanno veramente le cose. Raccontare ai vostri amici di questa testimonianza, per sensibilizzarli. E, soprattutto, far sentire i migranti accolti e a casa». La sua lezione di umanità si conclude con un ringraziamento affettuoso: «Grazie, vi voglio bene».